Gli affreschi

Al momento sono distinguibili due strati di pittura ad affresco sovrapposti, con ben quattro raffigurazioni, alcune delle quali con brani palinsesti e suddivisi da un semipilastro in muratura che regge uno spuntone di roccia.

Su di uno è raffigurata, in alto, la SS. Trinità in un’impostazione iconografica conosciuta nell’Italia meridionale e insulare già dal maturo Trecento, come appare da una tavoletta attribuita a un pittore ligure della Chiesa di S. Spirito di Agrigento, oggi custodita nella Pinacoteca Regionale di Palazzo Abatellis a Palermo e da tante altre testimonianze diversamente databili e stilisticamente definibili.

A Pazzano, comunque, dipenderebbe da elaborazioni evolute e forse pienamente rinascimentali, quando cioè la particolare iconografia può annoverarsi tra le più diffuse, se non addirittura più tarde, nella seconda metà del sec. XVI, potendovi segnalare la rara rappresentazione del Cristo con gli occhi aperti e l’inserimento in un paesaggio, dunque non sul consueto fondo dorato o di gloria celeste.

La scena è chiusa, a mo’ di lunetta, da una fascia che sembra continuare sul pannello limitrofo e inferiore raffigurante l’Arcangelo Michele, includendolo quindi nello stesso livello d’intonaco.

La figura dell’Arcangelo Michele è presentata quasi di prospetto, vestita di armatura, col braccio destro alzato e con la lancia puntata verso il dragone ormai calpestato e imbrigliato dalla mano sinistra che regge anche lo stadere: è un S. Michele ‘psicostatico’ o di chiusura superiore, componesse una immagine simbolica della Passione nota e ben diffusa nella pittura quattrocentesca, dove attorno al gruppo e alla croce stavano altri e significativi emblemi del Sacrificio di Cristo, come per esempio sulla Pietà della Chiesa della Riforma a Cosenza databile nella seconda metà del sec. XV.

Il giro dell’aureola della Madre, invece, è decorato da tre fasce, rispettivamente bianca, rossa e nera, completato da una perlinatura messa ben in risalto, che denota, inoltre, l’attenzione di questo espressivo pittore al passato artistico locale di marca orientale, da porlo in sintonia con gli affreschi da poco rinvenuti sulle pareti della vecchia cattedrale che sta emergendo sotto l’attuale Chiesa Matrice di Stilo.

La datazione al sec. XV inoltrato offerta dall’affresco più antico oggi visibile sulla parete sinistra, cioè la Pietà, potrebbe quindi testimoniare, come prima abbiamo suggerito, un possibile termine del ricercato mutamento di funzione della grotta di Pazzano, nonostante non sia del tutto chiaro se al momento dell’esecuzione della pittura i supposti spazi divisi fossero già riuniti.

In ogni modo, tale cronologia ben si presta ad accomunare la Grotta di S. Maria di Monte Stella con altri simili luoghi di culto presenti in Calabria, risalenti nella documentazione nota a un periodo compreso tra il Trecento e il primo Cinquecento, quali, elencandoli rispettivamente nella supponibile datazione, la Grotta di S. Maria di Praja a Mare, quella di S. Maria delle Armi di Cerchiara e l’altra di S. Maria della Grotta di Bombile di Ardore” (Giorgio Leone).

Al centro della grotta vi è l’affresco più antico denominato da Maria FALLA Castelfranchi, “Comunione di S. Maria Egiziaca”. “Si tratta dei resti di un pannello dipinto, in discreto stato di conservazione: la santa eremita è china verso il monaco Zosimo che porge l’Eucarestia… psicopompo’ che dir si voglia.

La figura era accompagnata sicuramente da un’altra che non è possibile identificare fra i frammenti palinsesti adiacenti, ed è interessante notare come l’insieme avrebbe potuto formare una sorta di pala d’altare a dittico con lunetta soprastante, secondo un modello antico e ben attestato in ambito ‘mediterraneo’.

Più a sinistra, oltre il pilastro in muratura che come detto divide la corta parete, è dipinta l’Adorazione dei pastori. Una pittura, questa, che non permette valutazioni precise sulla propria corrispondenza agli strati di intonaco, ma lo stile, esprimendo connotati di gustoso naïf, sembra deponga per un’assegnazione al Cinquecento maturo e a una situazione artistica contigua a quella fin qui rilevata.

Sullo strato inferiore, invece, è raffigurata la Pietà che si qualifica per una cultura di ampio respiro e alto livello, ovviamente più antica per il fatto di essere situata inferiormente nelle dette sovrapposizioni di intonaco.

La Madonna, avvolta da un ampio manto azzurro, il cui orlo è segnato da una profilatura bianca, regge il corpo di Cristo Morto. È seduta davanti a una croce, in cui sono segnate le venature del legno. La scena è inquadrata da una cornice segnata da due fasce colorate, verde brillante quella interna… bruna quella esterna…[…]. sa spaziale delle assi che ben s’accoppia a quella dell’avvolgente abbraccio di lei. Dietro di questa, a sinistra, è visibile una colonna, cosicché potrebbe nascere l’idea che nella formulazione originaria il pannello, del quale oggi se ne vede la cornice.

Il monaco Zosimo, anziano e barbato indossa probabilmente l’abito monastico, […]. S. Maria Egiziaca indossa invece una tunica fatta di pelli, l’abito degli eremiti per eccellenza. Lo stile quasi compendario dell’affresco… consigliano una datazione intorno alla fine del X inizio XI sec.

La leggenda agiografica narra della dura vita ascetica da essa intrapresa nel deserto dove viveva vestita da uomo da molti anni, dopo aver passato un periodo nel peccato. La ragione di questo travestimento è da ricercarsi nella tradizione gnostica secondo la quale ogni donna che si traveste da uomo entrerà nel regno dei cieli. “ In Italia meridionale, al contrario di altre aree dell’impero bizantino, come p.e. la Cappadocia, dove la scena della comunione di S. Maria Egiziaca è rappresentata con frequenza, essa è assai rara. L’immagine più antica sembra essere proprio questa di Pazzano…[…] la sua ubicazione all’imbocco della grotta, in alto, suggerisce innanzitutto una vocazione eremitica della grotta stessa…” la professoressa si chiede sul perché di questa scelta visto che è rara in Italia meridionale: “è possibile che questa scelta, colta e certamente non casuale, sia da collegarsi alla presenza, nella grotta, di un eremo femminile?” (Maria Falla Castelfranchi)

A di là delle varie ipotesi, la presenza di questo affresco e degli altri , testimonia una vocazione eremitica del luogo, che continua a parlare ad ogni visitatore.